Sarà come Tuja o come Chica?

29 gennaio 2015 at 18:19

favola-due-galline

 

Questo deve essersi chiesto Beppe Fenoglio alla nascita della sua bimba Margherita: sarà la gallina pervasa dallo spirito calvinista come la formica di Esopo, operosa e disciplinata che vive in funzione del domani o Chica, piccola Oblomov dei pennuti che scatena continuamente l’ira della sorella. Ma …

La favola delle due galline

La favola delle due galline
ET Einaudi

Fenoglio è uno scrittore anti. Quindi scrive un’anti-favola: Chica – una volta liberata dal logorìo del quotidiano – inizia un viaggio a piedi nel bosco sfidando l’antagonista più temuto. E con successo. La stralunata Chica alla prova con la vita e le sue paure se la cava, anche con il lupo. E, cammina cammina, intravede un lumino che la ricondurrà ad un affetto sicuro attraverso le paure del bosco. E Tuja? Bè, Fenoglio non avrebbe voluto una figlia assisa in poltrona dopo una dura giornata di lavoro, ma una pasionaria come Chica. Un’arrischiata nella vita, una che mette nel conto la paura e il rischio di non farcela. A differenza delle favole, qui l’eroe è il personaggio minore. Bè, e Tuja? Dicevo. Non cercatela. Non la troverete.
Indicazioni terapeutiche: solo per bambini e genitori anti-convenzionali.

Qui il link all’alla “lettera ai lettori” della figlia dell’autore Martina Fenoglio su google books

 

Camilla Paolucci

Illustrazione: Francesco Persi

 

Camillo e il regalo di Natale

23 dicembre 2014 at 19:19

Camillo e gustavo

 

Camillo e Gustavo.

Un bambino con il senso del regalo; un orsetto con il senso per Camillo. Un viaggio filosofico a piedi all’inseguimento di una slitta che appare e scompare tra le betulle di neve. Una slitta polare che indica la via senza imporsi e lasciando tracce di sé in un dono. Un viaggio ad anello. Un ritorno che è accresciuta presenza di bambino. Fortemente consigliato a chi non lo è più.

Auguri per chi sta andando a cercare il proprio regalo
Il Passero Escursionista

Confessioni di un Passero Escursionista

8 ottobre 2014 at 18:40

passero e scarpone

Ciao a te che leggi.

Non so chi tu sia, ma da qualche parte ci saremo incontrati. Ho solo un anno e pochi mesi, ma di persone ne ho incontrate tante per terra e per mare. C’è chi dice che dovrei cominciare a volare: si è mai visto un uccello che non vola? “Ma io sono Il Passero Escursionista!”, ho ricordato e – anche se le mie ossa sono cave come quelle degli altri uccelli e il mio muscolo pettorale è forte – sono piccolo e pieno di entusiasmi ma … da qui a volare! E il peso dello zaino? Mi chiedo. È possibile volare lasciando tutto lì dentro? Perché la mia mania di accumulo è poderosa, inutile negarlo, e tutto finisce lì – visi, ricordi, biglietti, oggetti, mail, parole dette, non dette, acquisti non sempre responsabili – e via ad ingrossare il carico. Di una cosa sono certo: non sono un passero zen. Annodo le scarpe allo zaino purché lascino posto a una frivolezza. Insomma: sono un passero contraddittorio! Ebbè, che c’è? Vi piacciono i monoliti? I supersicuri? Quelli che sanno sempre da che parte stare? I predicatori? Non leggetemi perché sono curioso, aperto e spesso mi appassiono degli opposti.

“Mi contraddico?

Sì, mi contraddico.

Sono vasto.

Contengo moltitudini”

dice il poeta Walt Whitman. Non penso per antinomie, ma per giustapposizioni talvolta acrobatiche, lo ammetto. E allora? Forse sarò un Passero Anarchico, ma timido. No: ipertrofico nel pensiero, ma non un rivoluzionario. Non mi piace il conflitto e considero valore la mediazione. Mi ritengo un tipetto complicato, un grattacapo per gli appassionati di sfide. Diciamo che vivo con adeguatezza il mio tempo: non sono tempi difficili? Ecco: forse sono un Passero un po’ filosofo. Peripatetico, direi.

Camilla Paolucci

Illustrazione: Francesco persi

 

 

Da Bologna, in partenza “Gli stati Generali del Cammino”

20 agosto 2014 at 15:20

Stati Generali del cammino

Sono sulla strada amico, son partito, ho il mio odore a litri nei polmoni, ho fra i denti la salsedine e in testa libertà’.
La strada, l’amicizia, l’inciampo della salsedine tra i denti.
E un’idea di libertà urgente è il gesto autopoieutico di un gruppo di camminatori che si conosceranno a Bologna a fine agosto per dare vita a una spinta generativa: ‘Gli Stati Generali del Cammino‘ culminanti in una camminata civica che il prossimo anno risalirà gli Appennini.
La frase ‘on the road’ di Tondelli – scrittore reggiano naturalizzato bolognese che di strade difficili ne capiva – guiderà gli ‘Incamminati’, nel Cinquecento allievi dei bolognesi fratelli Carracci. Oggi remigini degli scrittori Antonio Moresco e Luigi Nacci che – sotto gli ulivi d’argento di Monteriggioni, al ‘Festival della Viandanza’ – hanno lanciato questa iniziativa.
L’entusiasmo vibra intorno all’idea: ha già sensibilizzato il cuore e la testa di chi ospiterà il primo incontro in cui si confronteranno le motivazioni endogene di un desiderio così eccedente da aggregare spontaneamente intenzioni e competenze.
Contro la religione del nostro tempo denunciata da Giorgio Gaber, il ‘Monoteismo dell’io’, i due scrittori – già viandanti – ci insegneranno a resistere civilmente, direbbe Thoreau, con i piedi. E non solo. Perché ‘camminare contro’ si può. Anche da seduti, senza gambe, su una sedia a rotelle.
L’incontro sarà preceduto da un pranzo frugale, come si conviene ai camminatori: accelererà il meticciato tra ‘Sapore’ e ‘Sapere’. Stessa radice etimologica, ricorda Roland Barthes, che ha a che fare con il consumo, consapevole. Di conoscenza, di vita, di un nuovo ‘tu’: è dal sapore che si crea la conoscenza.
E poi, l’autunno gestazionale. L’idea romantica resisterà agli urti organizzativi? Alla conciliazione delle idee, alla mediazione delle proposte, alla complessità dei fatti della vita di ogni ‘Noi’?
Noi ci crediamo. Non se ne avranno a male né Ungaretti né Iggy Pop se un piccolo Passero Escursionista vuole sedurli all’idea. Come diceva il primo ‘Qui la meta è partire’. Noi ci siamo con la spinta del secondo: ‘Lust for life’!

Elogio dei piedi di Erri De Luca

4 maggio 2014 at 11:10

Elogio dei piedi

 

Elogio dei piedi di Erri De Luca

Perché reggono l’intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.
Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.
Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.
Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l’appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.

Sulla strada della viandanza

23 aprile 2014 at 12:50

luigi-nacci-alzati-e-cammina

Un corpo a corpo filosofico tra un maieuta in cammino e un lettore fragile nella propria autodeterminazione. Un incipit che ricorda il Calvino de “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, ma con altri esiti. Luigi Nacci rivolge a lettrici e lettori la stessa esortazione di Gesù a Lazzaro: “Alzati e cammina”. Obiettivo da segnare in agenda: oltrepassare la soglia simbolo di resa, di pensiero mediano. Un rivoluzionario appello a cuori e menti assopite a usare la forza motrice del nostro corpo: i piedi.

Camilla Paolucci

Gabriel Garcìa Marquez

19 aprile 2014 at 09:43

salire la china

Ho imparato molte cose da voi, dagli uomini.
Ho imparato che tutti vogliono sedere in cima alla montagna, ma la differenza la fa come si sale la china.

Gabriel Garcìa Marquez

Vienna per me: il Leopold

14 aprile 2014 at 09:00

vienna pasticceria heinz

Camminare per Vienna è un’esperienza proteiforme, mutevole.  Il centro urbano ruota intorno ad una grossa ferita: quella del 1918. Fine della guerra e crollo degli Asburgo. ‘Il secolo breve’ di Hobsbawn qui è sembrato cortissimo: il rammarico regna sovrano.  Ma basta spostarsi fuori dal ring e dirigersi al Leopold Museum: filologicamente, si riprende il discorso dove l’aveva lasciato l’Hofburg, la residenza asburgica nel centro della città.  Il Leopold è l’incubatore della Vienna che, diminuita politicamente dal preludio della fine, rilancia alla conquista di una nuova frontiera culturale: «Uno dei tratti caratteristici della vita viennese di quel tempo era costituito dai continui, agevoli scambi tra scienziati e artisti, scrittori e pensatori. L’interazione con gli studiosi di medicina e di biologia, e anche di psicoanalisi, influenzò significativamente la ritrattistica di questi artisti» Ernst Kandel, L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla Grande Vienna ai nostri giorni  I nomi della frontiera interculturale? Egon Schiele, Gustav Klimt, Oskar Kokoshka, Sigmund Freud, Artur Schnitzler: ai ponti tra scienze esatte e umanistiche; tra l’essere e la sua interpretazione gettati dai tre artisti e i due medici, è dedicato questo bianco e stilisticamente perfetto parallelepipedo, collettore di un pezzo di storia d’Europa scaturigine di riflessioni sull’uomo e la sua natura attraverso discorsi, letteratura e arte figurativa guardando ciò che è attraverso ciò che si prova, portando alla ribalta del visivo il sentimento, le emozioni, gli impulsi: cadeva l’assioma della razionalità della mente umana.  Il percorso espositivo è reso coerente dalla ricostruzione ‘ben temperata’ del mood storico culturale: la narrazione, in alcune sale, lascia spazio alle collezioni di design e all’illustrazione (nasceva in questo periodo il liberty – qui chiamato Jugenstile stile – e con esso l’illustrazione pubblicitaria. Per gli appassionati, davvero bellissimi i manifesti di ispirazione giapponese).  L’ideale è andarci di mattina presto: la visita è lunga. Imperdibile pranzare alla cafeterìa del museo (posti che spesso meritano una visita indipendentemente dalla mission culturale!): ambiente tutto vetro a sbalzo -arredato con mobili di materiale moderno, design liberty – su quella che d’estate è una piscina scoperta (qui, il divertimento è cultura). Buonissimo il risotto alle rape rosse guarnito con il rafano. Il suo colore? Rosa candy, stesso colore di sapore freudiano di alcuni dettagli dei quadri di Egon Schiele, in cui la sofferenza dello stare al mondo assume – in alcuni punti del viso e del corpo – questo colore solo apparentemente solare.  La foto allegata è una tappa obbligata: pasticceria Heinz. Ambiente deco, vetri di Boemia, poltroncine di velluto rosso, boiserie in legno, farmacopea al cioccolato!

Camilla Paolucci

Rimettiamoci in cammino

11 aprile 2014 at 05:30

rimettiamoci in cammino

“Non lasciare tracce che il vento non possa cancellare, non adagiarti sui passi compiuti, non lasciarti trattenere, divaga per altri sentieri, rimettiti in cammino per cercare ancora”

Bruce Chatwin

Scendere alla meta

9 marzo 2014 at 10:22

la spiaggietta.jpg

Giulia Martorelli ci ha regalato queste parole.
Un’esortazione civile alla profondità in cui leggerezza è conquista, non assenza di consapevolezza: dedicato a tutt* coloro che vivono “leggermente” in presenza, senza lacune.

Sul costone che digrada verso la spiaggetta dei Pescatori c’è una scala.
Più volte l’ho percorsa per raggiungere il mare: sempre con lo stesso, rigenerante senso di estraniamento perché in questo caso è la discesa che ti porta alla meta.
Certo: a me – nata tra monti e colline – questo senso è una vera stranezza.
Ho vissuto la mia infanzia nel forte abbraccio di una catena di cime più o meno alte e ho maturato i miei sogni e le mie speranze camminando per sentieri ripidi e tortuosi dove è la salita che conduce al traguardo.
Camminando su questa scala invece per arrivare si scende.
Qui, gradino dopo gradino, si stempera nella mia mente la forza e il fascino della filosofia della montagna conosciuta e vissuta dall’adolescenza quando, leggendo Platone, scoprivo che “il rischio” delle ascese in montagna “è bello”.
Fino a quando poi adulta, influenzata da Nietzsche – la “Filosofia è libera scelta di vivere tra i ghiacci e le alte cime” -  mi sono aperta alle appassionanti suggestioni della mistica tedesca. Meister Eckhart ha versato sul mio pensiero l’idea che un cammino in salita ti offre gli strumenti per la tua crescita cognitiva e la tua elevazione spirituale: “Sulle vette dei monti trovi il distacco per raggiungere  il fondo dell’anima”. Questo il messaggio ricorrente nelle predicazioni in cui il filosofo e teologo domenicano spesso delineava le sue salite ai colli della Renania come una metafora di ascetica contemplazione.
Mi chiedo se e come sarebbe cambiato il credo di questo grande pensatore tedesco se, anche lui, avesse potuto percorrere giù fino alla spiaggia questa scala.

la scala

la scala

Qui, gradino dopo gradino, il mare ti avvolge coi suoi venti o le sue brezze e ti conduce ad un piccolo, suggestivo lembo del Golfo di Castellammare.
Sulla riva ghiaiosa, l’immensa conca d’acqua che si apre ai miei occhi sembra una culla: vi dormono placidi alcuni pescherecci. Talvolta ce n’è uno che si allontana insieme alla mia fantasia.
Penso ad Ulisse, navigatore d’eccellenza, “l’uomo che molte volte fu sbattuto fuori rotta” e che pure, nonostante le mille traversie, vide un giorno all’orizzonte comparire la sua Itaca. Dopo vent’anni di viaggio l’eroe omerico non perde la bussola forse perché navigando nelle acque del mare ha il coraggio di guardare giù e affrontare le correnti della sua anima per scoprire se stesso e le sue debolezze.
Mentre faccio questa riflessione, un sub si muove tra i fondali bassi e rocciosi quasi vicino alla riva: la sua presenza agisce come una rivelazione. Non è il suo verso che determina il senso di un cammino. Che esso sia in salita o in discesa, che porti alla montagna o al mare poco conta, immagino mi avrebbe detto Eckhart se avesse potuto accompagnarmi sulla scala . L’importante è che per acqua o per terra, ogni viaggio prenda prima o poi una direzione verticale come quella di un sub, giù o su, verso il fondo dell’anima – ho la presunzione di aggiungere io.
Guardo ammirata il promontorio del Capo di San Vito che si staglia a Ovest a chiusura del Golfo e non a caso mi viene in mente il curioso titolo di un libro di Paolo Rumiz che racconta di un viaggio speciale dalle Alpi agli Appennini, dal mare della Dalmazia allo Ionio calabrese: “La leggenda dei monti naviganti”. Nel racconto, Rumiz si sposta come un navigante che veleggia tra le montagne emerse – “naviganti”- perché, dice lui, “per le avventure ci si imbarca, anche quando sono avventure di terra”.
Qui davanti allo splendido Golfo di Castellammare non faccio certo fatica ad immedesimarmi nell’inviato de La Repubblica e in un attimo sono in barca come lui. Provo un rigenerante senso di estraniamento. Intorno e dentro di me si crea un vuoto da cui, come da una sorgente, emergono le parole di Pasternak: “silenzio, tu sei la cosa migliore che abbia mai sentito”
Un famoso pensiero di S. Agostino irrompe da questo mio silenzio: “E vanno gli uomini ad ammirare le vette dei monti, ed i grandi flutti del mare, ed il lungo corso dei fiumi, e l’immensità degli oceani, ed il volgere degli astri. E si dimenticano di se medesimi.” Gli fa da eco il motto che Socrate aveva tante volte letto sul frontone del tempio di Delfi: “Conosci te stesso”.
Socrate aveva fatto di questo motto un cardine del suo pensiero. Lo predicava con coraggio e spregiudicatezza e spesso lo arricchiva di sfumature preziose come quella che si può cogliere in un’affermazione, stavolta propria del filosofo della ricerca e del dialogo:  “La conoscenza di se stessi nasce dallo stupore.”
Lancio un ultimo sguardo al paesaggio incantevole che ho raggiunto dalla scala, ne percorro a ritroso i gradini con la consolazione che lo stupore provato di fronte alla bellezza del Golfo con il suo mare e la montagna non potrà che aiutare la fatica della salita ad avvicinarmi a me stessa.

Giulia Martorelli

Giulia Martorelli: laureata in Lingue e letterature straniere all’Università di Bologna, è una cultrice della lingua tedesca. Insegnante, ha inseguito un sogno che l’ha portata – scarpette da trekking ai piedi – fino al mare.