Alta Via dei Parchi – Il Passero Escursionista intervista Enrico Brizzi
Il Passero Escursionista intervista Enrico Brizzi
Enrico, meriti il titolo di ‘Appenninauta’. Sei il protagonista, infatti, del docu-film ‘Alta Via dei Parchi’, regia di Serena Tommasini Degna. Nel film, cammini da Berceto – Parma – al Monte Carpegna – Pesaro Urbino – attraversando le stagioni come Marcovaldo. Raccontaci come è iniziata …
Il mio rapporto con l’Appennino è iniziato… Prima che io nascessi. La mia famiglia, infatti, è originaria di Castel di Casio, e “viene giù con la piena” solo nel secondo Ottocento. Ancora ci sono lassù facce amiche e vicende care; sono tante le storie familiari di emigrazione, viaggio, avventura, e per i ragazzini la vera prova d’iniziazione era proprio il partire.
Quanto a me, negli ultimi anni ho compiuto due traversate a piedi da costa a costa (dal Tirreno all’Adriatico nel 2004; dall’Adriatico al Tirreno nel 2009) e presto mi cimenterò per la terza volta con questa “classica”; credo siano queste credenziali che hanno spinto la Regione Emilia-Romagna ad affidarmi la scrittura e l’interpretazione del documentario dedicato all’Alta Via dei Parchi.
Serena Tommasini Degna, invece, si è guadagnata una solida nomea di “regista on the road” partecipando al viaggio “Italica 150” fra Alto Adige e Sicilia del 2010, dal quale ha tratto un lungometraggio presentato al Trento Film Festival 2011, e successivamente proiettato a Milano, Roma, Bologna, e nelle sale del circuito d’essai emiliano-romagnolo.
Aggiungi che il direttore di produzione, Valerio Gnesini, era stato il mio partner nel viaggio da 90 tappe della primavera-estate 2006 lungo la Via Francigena, e capirai che si tratta di un film progettato e realizzato tra fidati compagni di strada.
‘Ammodernare il mondo con zelo’, l’utopia di chi emigrava in città negli anni Sessanta lasciando la montagna. Ora, lungo l’Alta Via dei Parchi, tornano a vivere i vecchi borghi grazie al ri-flusso ‘verso casa’. Rinascono la cucina regionale e le antiche tradizioni. Raccontaci …
Ho la fortuna di viaggiare a piedi svariate settimane ogni anno, e questo mi ha permesso di posare lo zaino in paesini che, altrimenti, sarebbero stati solo nomi sulla carta geografica. Conoscere la cosiddetta “Italia minore”, quella dove la televisione non riesce ad appiattire i costumi e la gente non si comporta in maniera urbanamente stereotipata, è una grande risorsa e una stupefazione continua: se ne potrebbe parlare ore, magari intorno a un fuoco di bivacco, ma qui mi limito a osservare che ogni viaggio a piedi è anche un viaggio verso il cuore delle nostre paure e dei nostri pregiudizi. Se l’uomo che arriva alla fine di un viaggio non è più lo stesso che era partito, è anche perché le sue certezze e le sue presunte verità sono state sgretolate dall’esperienza.
Voce del verbo ‘Camminare’, rivoluzionario gesto di consapevolezza fisica. Ma l’escursionista – camminando – usa la carta, la bussola, scruta le nuvole, contempla, fotografa e – tu lo insegni – narra. Camminare lungo l’Alta Via coinvolge il trekker e il flâneur, il corpo e – sbrigativamente – lo spirito. Tu, da che parte st…, ehm, cammini? La risposta ha a che fare con ’Psicoatleta?’
Gli Psicoatleti sono il club dedicato ai viaggi a piedi del quale ho l’onore di essere l’Araldo.
All’inizio – una decina di anni fa – non eravamo che dodici amici; oggi a essere dodici sono le batterie psicoatletiche sparse per l’Italia, e pronte a intervenire ai nostri appuntamenti: “Campodimaggio”, grande viaggio annuale, test match di fine estate e cimento autunnale.
All’ultimo “Giro delle Tre Venezie” hanno partecipato a staffetta più di cinquanta “buoni cugini” (così, secondo l’usanza carbonara, ci chiamiamo fra noi), e siamo costretti ogni volta, con rammarico, a lasciare a casa i meno lesti ad iscriversi.
L’incanto: ‘Una volta, la gente che doveva attraversare la montagna si fermava qua e attendeva … l’incanto… Era considerato come uno spirito buono, di protezione, di compagno di strada che stava con i viaggiatori fino allo scavalcamento della montagna e ora … anche noi lo attendiamo’. Sono le parole del professor Balla ne ‘Una gita scolastica’ di Pupi Avati, una camminata lungo la Via degli Dei che congiunge Bologna a Firenze lungo l’Appennino. Credi in un legame magico tra chi cammina e la Natura?
“Una gita scolastica” è un gran bel film: gite così dovrebbero avere spazio anche nelle scuole odierne, scuole che al momento preparano i ragazzi soprattutto a stare seduti, e a mantenersi al riparo nel cuore del gruppo.
Detto questo, non so se parlerei di magia, ma è evidente che l’essere umano ha nel suo DNA migliaia di anni trascorsi nei boschi e sulle montagne; ecco perché ci si sente subito – o quasi – a casa, e si ha la sensazione di fare una cosa buona e giusta. (Ed ecco anche perché ci si rovina a trascorrere quattro ore al giorno dentro un’automobile, e otto dentro un ufficio con le luci artificiali e l’aria condizionata).
Il vero mistero, per me, è come certa gente trovi il coraggio di non partire mai.
Enrico Brizzi, scrittore E psicoatleta. Il Camminare vira, nel 2005, i tuoi romanzi verso nuove mete. In ‘Nessuno lo saprà’, il primo a raccontare ‘la viandanza’, attraversi l’Italia dall’Argentario al Conero. La ragione del coast-to-coast sembra autobiografica. Guidaci …
Il protagonista del libro ha trent’anni, ed è appena diventato padre. Felice per il nuovo arrivo, è anche angosciato da tutte le nuove incombenze che il ruolo richiede, e frustrato dalla nuova piega del suo rapporto di coppia. Così rispolvera lo zaino che usava a vent’anni, e decide di partire per un viaggio a piedi insieme a suo fratello e un pugno di amici fidati.
Autobiografico o no? Credo semplicemente sia la storia di tanti uomini che non vogliono trasformarsi “in morti viventi”, e devono continuamente bilanciare forze statiche (il senso di responsabilità proprio degli adulti) e ultradinamiche (l’insopprimibile lust for life che si portano dietro fin da ragazzi).
Con ‘Bastogne’, tuo secondo romanzo, hai scrutato il cuore e la testa degli anti-eroi. Francesco Guccini e Loriano Machiavelli nella trilogia ‘Gente d’Appennino’, nascosti tra i vecchi borghi e le osterie, ne scovano parecchi. Quanti narratori d’osteria, quante ‘vite minime d’Appennino’, la cartografia di quali personaggi ci saranno nel tuo prossimo romanzo?
Il migliore, a mio modo di vedere, resta lo zio Ulisse Brizzi: lungo naso frangivento e baffi da moschettiere, ha lavorato tutta la vita sulle navi da crociera e, una volta che il transatlantico Majestic faceva scalo cinque giorni a Saigon, è sceso a terra e si è incamminato verso la zona delle operazioni. «Ne parlavano tutti, di ‘sta guerra del Vietnam» si giustifica ancor oggi, se ti siedi con lui al tavolo della locanda di famiglia e gli domandi di raccontare. «Era lì a due passi, mica potevo non andarla a vedere».
Dal suo punto di vista, la guerra era come una finalissima, o un concerto imperdibile, e c’è andato davvero: ha corrotto i militari vietnamiti, e si è spinto dove nessun civile avrebbe dovuto essere.
«Volavano dei gran aerei!» racconta, con un sorriso deliziato. «Un casino che non si capiva niente! Poi mi hanno beccato gli Americani della MP, la polizia militare. Credevano fossi una spia russa, e mi hanno rivoltato le tasche. Dovevate vedere le loro facce quando hanno letto sui documenti “Ulisse Brizzi, Castel di Casio, Italia”! “Giornalist?” ha domandato uno dei due. Allora ho spiegato: “No giornalist! Holidays!”, e quelli si sono guardati come fossi matto. Poi hanno controllato il tesserino da commissario di bordo del Majestic, e hanno capito che dicevo la verità. Peccato che mi abbiano fatto subito tornare a Saigon: di guerra, a ‘sto modo, ne ho vista pochina».
La notte del viandante. La sospensione del camminare e l’interstizio tra i giorni evocano parole: tenda, rifugio, stelle, frontale, sacco lenzuolo, camini, stufe, chiacchiere, filosofia d’altura. Raccontaci le tue notti lungo l”Alta Via dei Parchi’.
Le notti che scandiscono i lunghi viaggi a piedi sono le più propizie per dormire profondamente, e ognuna di esse è un nido di sogni da interpretare, con calma e devozione, alla luce del giorno.
Mai è arrivato in sogno qualcosa di diverso da una verità sacrosanta, e per restare in equilibrio fra la razionalità che ti spinge a rispettare la tabella di marcia, e la dimensione onirica che ti porterebbe a danzare nudo nei boschi come il dio Pan, fra Psicoatleti abbiamo l’usanza di estrarre il “tarocco del giorno”. Non è, ovviamente, la divinazione il nostro fine: gli arcani maggiori non svelano il futuro, ma suggeriscono temi sui quali riflettere nel corso della tappa.
Piccola regressione infantile: hai incontrato lupi? Sull’Appennino passa anche la loro via … Accontentaci: hai sentito almeno un ululato?
Credo che i lupi siano animali speciali, cari a tutti i viandanti in quanto sono il vivo emblema della natura selvaggia e i padroni delle foreste notturne. Vederli è difficile, trovarne le tracce no, e ascoltarli nemmeno. Gli ultimi ululati li abbiamo sentiti sabato scorso al confine fra Toscana e Montefeltro; il sole era calato da poco, noi si finiva la tappa, e i lupi cominciavano la loro.
I vecchi patriarchi, affascinanti monumenti verdi che da secoli danno ombra ai viandanti, sono il nostro museo preferito. Presentacene uno: lo andremo a visitare.
Lungo l’Alta Via dei Parchi, a poca distanza dal Lago del Brasimone, c’è un posto magico che si chiama Poranceto: è la casa di castagni vecchi cinque secoli, e il posto perfetto per un nascondino fra amici.
Il Passero Escursionista e’ un ‘Poeta degli oggetti’: il suo zaino, complice la visione del film ‘Moonrise Kingdom’ di Wes Anderson, esplode di equipaggiamento al limite del collezionismo. C’è un oggetto da escursionisti cui sei particolarmente legato? Vediamo se è lo stesso nostro.
Fatti salvi gli articoli essenziali, negli zaini entrano anche oggetti-feticcio, preziosi per l’equilibrio psicofisico del camminatore (in questa categoria rientrano i piccoli peluche e i playmobil affidati dalle mie quattro figlie all’inizio dei viaggi). Restando agli articoli da escursionismo, però, ho un rapporto quasi patologico con il “distanzometro” a rotella che mi aiuta, la sera, a ripercorrere sulle mappe l’itinerario appena percorso e a pianificare la giornata successiva.
Enrico, l’intervista è terminata, invece il cammino de ‘Il Passero Escursionista’ è all’inizio. Regalaci una frase: la metteremo nello zaino.
Alla tappa di domani!
E.B